giovedì 15 marzo 2018

Devil: Man without Fear – Segni (e disegni) lasciati dal ciclo Miller


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Devil, uomo senza paura

C’è voluto del tempo per colmare questa enorme lacuna tra le mie letture ma alla fine ce l’ho fatta. Ho accantonato pile e pile di volumi comprati recentemente e mi sono preso il mio spazio per dedicarmi interamente allo storico ciclo di Frank Miller su DareDevil. Il ciclo in questione è raccolto dal mastodontico Omnibus pubblicato da Panini Comics e rappresenta forse la run più famosa, più celebre del personaggio di Devil, nonché la più popolare del maestro in casa Marvel.

Un mostro sacro della storia del fumetto americano come Frank Miller non ha certo bisogno di presentazioni. Vi basti sapere che è un autore che merita la vostra attenzione, perché piaccia o no, ha fatto la storia del medium (fumetto e non solo). Per i più a digiuno vi cito solo qualche titolo:
Sin City, Devil - L’uomo senza Paura (insieme a Romita Jr.), Batman – Il ritorno del Cavaliere Oscuro, Batman – Il Cavaliere oscuro colpisce ancora, Ronin, Hard Boiled, Batman – Year One, 300
Quest’opera è considerata la più celebre perché introduce alcuni personaggi iconici nel contesto in cui si muove l’avvocato di Hell’s Kitchen come Elektra, Stick e la Mano. L’esperienza che deriva da questa impegnativa lettura è quella di una continua girandola di nemici (nuovi e di vecchia data) e costituisce la base più concreta su cui è stato costruito il DareDevil della serie TV prodotta da Netflix.
Il primo grande banco di prova per Frank Miller alla fine degli anni ’70 è sostanzialmente una carrellata di nemici che impegna il Diavolo di Hell’s Kitchen senza mai dargli respiro. Miller ci regala ad ogni nuovo episodio una nuova sfaccettatura di Matt, esplorando il suo passato e analizzandone l’evoluzione. Il risultato è un uomo che non può far a meno della sua identità segreta, precludendosi la vita semplice di cui fatica a mantenere la facciata. Le atmosfere classiche della Golden e Silver Age non trovano spazio nella narrativa di Miller che carica sempre più le storie con ambientazioni cupe - basti pensare all’episodio nelle fogne – malfamate e tipicamente noir. Devil in quanto uomo viene sconfitto, più volte pestato a sangue senza mai venire veramente “spezzato”. Anzi, le vicende che affronta lo temprano e contribuiscono al carisma e al fasciono del personaggio. Emblema della serie è lo scontro senza fine con Bullseye, che a sua volta, richiama molto quella ciclicità che spesso viene associata a Batman e il Joker.

Questa somiglianza, tipica del fumetto supereroistico, è forse l’unica con il Pipistrello. Infatti, Miller si concentra molto di più su altri aspetti come la cecità, vero “superproblema” e motore per una nuova consapevolezza a seguito dell’incontro con Stick. Un’altra tematica che Miller introduce - e che Miller stesso riprenderà, come altri autori dopo di lui - è quella dei legami affettivi con sottile introspezione.
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Il personaggio risulta schiacciato da due spinte contrastanti. Da un lato la cecità che rappresenta un evidente “disabilità” per Matt nell’essere Devil, dall’altro Devil principale ostacolo per la normalità di Matt Murdock. Questo dualismo è ben noto al nostro, che come tanti eroi del suo tempo si interroga sul reale ruolo di Devil per la società, in uno one-shoot che varrebbe da solo l’intero volume.
Dalla sua Miller confeziona una run che rimane un monito e continua a ispirare generazioni di scrittori sulla testata del Diavolo. Non bastasse questo, le sue matite hanno fatto e fanno scuola ai tanti talenti emergenti. Seppur si tratti di uno dei suoi primi lavori, sia di testo che disegni, Miller sprigiona già i suoi tratti più caratteristici. Evidenti sono le influenze dei grandi maestri del suo tempo - dall’immancabile Kirby ad altri grandi della scuola europea (Toppi, Pratt, Moebius) - che l’autore fa sue e le manipola in funzione di toni più adulti e ricercati. Allo stesso tempo non rimane ancorato ai vecchi codici ed entra prepotentemente negli schemi del fumetto con atmosfere più dark e tipicamente hard boiled. Janson contribuisce con delle chine che evidenziano e rendono giustizia alle matite del maestro. Il tratto si fa deciso, sicuro, il segno marcato e ben evidente in ogni tavola. Incupisce e gioca un ruolo fondamentale in ogni contesto e ambientazione. Lampante sin dai primi numeri la consapevolezza che Miller ha del medium, sfruttandone ogni appiglio, ogni soluzione grafica, ogni inquadratura o composizione.

Rompe la griglia delle tavole e la fa diventare parte integrante dello storytelling come solo Eisner prima di lui. Preannuncia in alcuni casi composizioni che lo hanno reso celebre con altri lavori. Nonostante la run sia di fine anni ’70 inizio ’80 regge così bene la prova del tempo grazie all’arte di Miller nel racconto per immagini. Tanti gli “stacchi” e le inquadrature tipicamente cinematografiche. Le tavole trasudano del carisma dell’autore in ogni vignetta.
Inevitabilmente ne giova la caratterizzazione dei personaggi: Matt in primis, ma lo stesso Kingpin, Bullseye ed Elektra sono personaggi “quadrati”, vivi, scolpiti nella mente del lettore grazie a queste magnifiche tavole.

Il “volumozzo” di 800 è un pezzo di storia dei comics che va sicuramente letto per più di un motivo. Costituisce un ciclo chiave nella storia del fumetto americano. I primi passi mossi da Miller, autore che  ha rivoluzionato il genere ed ancora oggi è fonte di ispirazione a distanza di quasi 30 anni. E’ infine il preludio ad un cambio repentino di atmosfere e toni che i comics di lì a pochi avrebbero subito. Qui trovi il volume di cui abbiamo parlato

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